""Even a stopped clock tells the right time twice a day!"

mercoledì, marzo 22, 2006

Placebo, Meds, 2006

A priori, prima di ascoltare il nuovo disco dei Placebo, che possibilità avreste dato al gruppo di Brian Molko and C. di stupirci? Praticamente nessuna, a meno di radicali cambiamenti.
Già radicali cambiamenti...
Credo che il limite sia proprio qui, nella possibilità di modifiche ad un clichè già consolidato e di fatto non modificabile. Il gruppo suona un power pop denso di chitarre, distorte dai pedali e dalla voce gracchiante di Brian Molko, con il basso molto lineare gemellato alla batteria. Punto e fine. Ho cominciato la recensione da quella che sarebbe stata la sua naturale conclusione. Aspettarsi rivoluzioni dai Placebo significherebbe snaturarli. Ve li immaginate con una drum machine o con le tastiere?"Meds" è dei Placebo, questo già ci fa capire come sarà il disco. Il resto va cercato col lanternino nelle sfumature, nelle pieghe microscopiche del loro format. In "Infra-Red" ad esempio, la canzone che da sola sostiene la spesa del disco. Un capolavoro, un ritornello ossessivo che parte con un basso "spacca-woofer" che farà tremare i vostri flute nella credenza. La rabbia, la voglia di confronto espressa nei testi:

One more thing before we start the final face-off
I will be the one to watch you fall
So I came down to crash and burn your beggar's banquet
Someone call the ambulance
There's gonna be an accident
I'm coming up on infra-red
There is no running that can hide you
Cause I can see in the dark
I'm coming up on infra-red
Forget your running
I will find you (I will find you)

Il disco era cominciato col brano che da il titolo al disco, "Meds" appunto, cantata in tandem con VV dei Kills. Un brano vivace, schitarrato, che comincia come "Every You Every Me".

I was alone, falling free
Trying my best not to forget

L'atmosfera del disco ci riporta allo spessore dei primi dischi, che avevano una buona personalità, anche quando si arriva alla traccia 4, la claustrofobica "Space Monkey". La voglia di rivincita è evidente anche nella traccia 5, "Follow The Cops Back Home", un lento in crescendo, dal suono saturo e maturo. "Post Blue" ha un senso di già sentito, sarà forse per quel basso sparato che si tira dietro gli strumenti. Il singolo che ha lanciato il disco, "Because I Want You" è una Placebo song per eccellenza, ne ha il DNA, vi si possono accostare almeno 2 brani per ognuno dei 4 dischi fin quì precedenti l'uscita attuale.

Don’t give up on the dream,
Don’t give up on the wanting
And everything that’s true
Don’t give up on the dream,
Don’t give up on the wanting
Because I want you too

Una canzone intensa la si incontra all'apertura dell'ultimo terzo del disco, "Pierrot The Clown". Una struggente ballata che fotografa magistralmente il senso di malinconia che assale ogni essere umano di fronte al sogno infranto:

Be sure to come around
I'll be wallowing in pity
Wearing a frown
Like Pierrot the clown
When I dream, I dream your lips
When I dream, I dream your kiss
When I dream, I dream your fists
Your fists, your fists

La power-song "Broken Promise" ha come ospite Michael Stipe anche se diciamo che lo si scopre più leggendo le sleeve notes che ascoltando il pezzo. Piace decisamente di più "One Of A Kind".Complessivamente il disco è piacevole, ben registrato e studiato, fin dalla magistrale copertina. Nel suo essere un passo indietro verso i primi due dischi, "Placebo" e "Without You I'm Nothing", è decisamente più bello e convincente delle ultime uscite del combo. Chi si aspetta che i Placebo si convertano all'industrial resterà deluso. Ma in fin dei conti, dovrebbero?

Potente.

sabato, marzo 11, 2006

Supporti fonografici

Ancora non lo avevo comprato, non mi convinceva, mi sembrava inutile. Ero così attaccato ai miei CD con i loro booklet da sfogliare e gustare, da imparare a memoria.
Eppure tante volte nella nostra storia abbiamo cambiato formato.
Per noi che siamo nati verso la fine degli anni sessanta e abbiamo cominciato ad ascoltare musica neglia anni settanta abbiamo visto nascere e morire svariati supporti fonografici.
C'erano i dischi in vinile, principalmente 45 giri. Due canzoni, una per facciata. Si infilavano nel "mangiadischi". I più fortunati, quelli con lo "stereo", avevano i 33 giri.
Assieme ai vinili esisteva un mondo parallelo: le cassette. Le prime erano grandi come dei libri, le vendevano in autogrill con delle copertine impossibili.
Poi la Philiphs invento la "compact cassette" della durata di 60 o 90 minuti, le famose "C60" e "C90".
L'avvento delle cassette compatte ha rivoluzionato il sistema. Il formato compatto e pratico permetteva di portare la musica ovunque. Nasce il Walkman e ci si chiede: "come facevamo prima?".
Il vinile però viveva e si evolveva: q-discs (4 brani per 4.500 lire) e maxi single spopolavano sul mercato.
Alla metà degli anni 80 la Philiphs inventa il "compact disc", così come lo conosciamo adesso.
Subito lo scetticismo dei vinilisti gli impedisce di decollare: costa il doppio del vinile e suona male. La lettura è ottica quindi non risente di polvere e graffi che danno al vecchi supporto graffiato dalla puntina quel gusto antico.
Poi il booklet e la copertina sono troppo piccoli rispetto alla dimensione dei vinili che in alcuni casi sembrano dei veri e propri quadri.
Ma il CD si impone al mondo, migliorando la qualità e l'estetica. Nasce il Discman e molti si chiedono: "come facevamo prima?"
Poi l'avvento del formato MP3 rivoluziona il sistema nuovamente. Il fenomeno dilaga grazie internet e destabilizza le case discografiche che non riescono a contenere lo scambio di files tra le persone collegate al world wide web.
Tutto diventa a portata di mano (=mouse), con un click si accede a banche dati smisurate contente tutta la musica che sia mai stata fatta.
Quindi addio vecchi supporti fonografici. 1500 compact discs stanno in un palmo di mano, basta girare la rotellina col pollice e si accede ad un database infinito.
Certo mi verrà la nostalgia verso quello spulciare negli scaffali dei negozi preferiti per trovare l'introvabile.
Nulla è come leggersi le "sleeve notes" dal booklet del CD, specie in bagno.
Malinconicamente guardo gli scaffali ricolmi di dischi e mi chiedo: dove li metto adesso?
Ero ad Hong Kong, l'ho visto lì, ad un prezzo conveniente. Ci ho pensato e ripensato. "Ma come, un appassionato di musica come me che ancora non ce l'ha?"
Mi sono arreso e l'ho comprato.
E adesso mi chiedo: "ma come facevo prima?".
Benvenuto iPOd!

venerdì, marzo 10, 2006

The Wonder Stuff, Suspended By Stars, 2006

Uno degli ultimi poeti della scena musicale mondiale. E come spesso accade, incompreso.
Questo è Miles Hunt, il leader degli sconosciuti Wonder Stuff.

Ignorati nel mondo, venerati in patria, i Wonder Stuff hanno una storia ventennale alle spalle.
"The Eight Legged Groove Machine", il primo album, risale al 1988. Seguono il vigoroso "Hup" nel 1989 ed il capolavoro "Never Loved Elvis" nel 1991. Nel 1993 si chiude la prima era dei WS con l'incompreso "Construction For The Moder Idiot". Da quel momento Miles Hunt, braccio e mente del gruppo, comincia una serie di progetti, presenta un programma di musica indie per MTV (120 minutes) forma i Vent 414 (prodotti da Steve Albini) poi prova la carriera da solista. Infine ritrova l'amico Malcolm Treece, il chitarrista dei WS e fa un reuinion tour con tutta la band che sancisce la defintiva separazione tra Miles e Malc e gli altri due.

Infischiandosene di copyright, marchi, loghi ecc... i due riformano i Wonder Stuff e pubblicano nel 2004 Escape From Rubbish Island, il pungente nuovo disco della nuova era WS. Ed è alla fine di febbraio 2006 che vede la luce "Suspended By Stars", l'ultimo lavoro. Per chi conosce i Wonder Stuff troverà questo disco meno folk e più rock. Per sentire i primi violini magistralmente inseriti in una canzone, bisogna infatti attendere la traccia 6, "Angelica Maybe".
Il disco parte con un pò di incertezza. "Tricks Of The Trade" ricorda "Where The Streets Have No Name" degli U2 anche se è bello il gioco di parole attorno allo slogan di Halloween. Poi, però, si riprende subito con la vigorosa "Last Second Of The Minute", che riporta alla mente addirittura il sound di Hup. "Blah Blah Lah Di Dah" è l'Hit Single e come tale si presenta nel tipico format WS: liriche pungenti e suono poppy.
Bella e potente "Say It Ain't So" che precede la power-folk-ballad "Angelica Maybe". Più ascolti successivi la merita "Give Us What We Want (And We'll Go Away)", che espirme simpatia già dal titolo!
Fin qui la didascalia.

Adesso che ho fatto il compitino, spazio ai sentimenti. Un poeta, dicevo, Miles Hunt. Nulla da invidiare al miglior Morrissey.
Il suo immaginario, il suo usare le parole come strumenti musicali da intrecciare con chitarre e violini lo rende davvero unico. Il tema conduttore di questo disco è il suo titolo, "Suspended By Stars". Siamo appesi più che sospesi, come burattini, con fili invisibili a milioni di stelle che un gioco più grande di noi muove nel teatrino del mondo. Senza che ci si possa opporre qualcosa più grande di noi ci muove e ci guida.
Il disco trasmette il senso di impotenza e smarrimento che proviamo di questi tempi, dove un generale e giustificato pessimismo ha preso il sopravvento. Stralunato e tagliente, questo disco lascia un segno profondo anche nel suo essere composto da musica leggera.

Collezionabile.

Rivo