""Even a stopped clock tells the right time twice a day!"

lunedì, novembre 28, 2005

Chikinki, Lick Your Ticket, 2005



Adoro guardare MTV Brand New, che è la MTV che invece di essere infestata di R'N'B spazzatura trasmette la musica "alternativa" che piace a me.

Vedo il video di una band sconosciuta, sembrano una di quelle band low-fi elektropop tedesche tipo Notwist e Lali Puna. Il video è fighissimo, giocato sul fatto che cose piccole sembrano grandissime e viceversa semplicemente cambiando l'angolo di visuale.
Mi scrivo su di una vecchia ricevuta bancomat il nome: Chikinki.

Con un nome così non possono che essere tedeschi, penso.
Invece scopro che sono un quintetto di Bristol, UK. Come mai, allora suonano così Krautpop?
Semplice, la casa discografica Kitty Yo è di Berlino e vanta tra i suoi gruppi i Tarwater, i Couch, Rechenzentrum oltre a Jimi Tenor.
Sicuramente seguono un pò la moda del momento, questo pop retrò o pastiche come amano definirlo. Il tutto però suona un pò meno bass driven rispetto ai vari Franz Ferdinand e Killers.
Il disco è molto ben azzeccato, scivola via nel lettore con disinvoltura, non infastidisce mai il disattento ascoltatore.

Dei gruppi citati in precedenza ha lo stesso tono scazzato e il fascino dell'essere "senza pretese".
Mi piace molto ad esempi la canzone "Mate TV" che parte tutta elektro e si alterna con schitarrate pesanti sul chorus.
"LIke It Or Leav It" ricorda molto i Notwist, con quel ritmo downtempo e la tastierina in sottofondo.

Dal sito ufficiale si legge che il batterista ha abbandonato una carriera di designer di Formula Uno per fare il batterista di questa band (Respect!!).
Il disco è ben prodotto e lo si capisce quando si leggono i crediti delle sleve notes: prodotto da Steve Osborne (New Order) e mixato da Alan Moulder, un uomo che non sbaglia un colpo.

Azzeccato.

lunedì, novembre 07, 2005

Arab Strap, The Last Romance, 2005



Che belli che sono i colori dell'autunno, quando le foglie di acero appena prima di staccarsi per sempre dalla loro sede naturale, assumono quel colore bordeaux intenso.

Non poteva esserci stagione migliore per pubblicare questo disco, ideale per le giornate uggiose, per dare colori variopinti alla vostra malinconia.
Daltronde si sa che il giallo ed il rosso delle foglie morenti si stagliano meglio sul cielo plumbeo della stagione.
Non so come mai ultimamente mi piacciono questi dischi piovosi e cupi, dovrei parlarne con qualche psicologo.

Fatto sta che l'ultima fatica del duo scozzese (di qui forse la confidenza con la pioggia) piace e coinvolge.
Già il titolo colpisce per la caducità, quasi fosse davvero il commiato della band.
Anni fa li confusi (mi perdoneranno gli sfegatati) con i Belle e Sebastian per via del debut album "The Boy Woth The Arab Strap", solo dopo capii che si trattava di due band differenti.
Gli Arab Strap però mi piacevano di più, meno easy listening e più profondi.
Non mi erano dispiaciuti i due precedenti, specie Monday At The Hug & Pint. Questo però è un gradino sopra a tutti.

Trovo molto azzeccata questa loro uscita in un periodo dove i cantautori singoli o in duo o cacciatori di finti sentimentalismi quali i Coldplay stanno infestando il panorama indie come la peggiore erbaccia.
Viene da buttare via tutti quegli inutili CD che abbiamo comprato nell'attesa che uscisse qualcosa di spessore.
L'incipit del disco è travolgente, non ti lascia il tempo di pensare e sei già nel pieno della canzone, con il ritornello che incalza, con la batteria che ritardando i colpi tiene tutto insieme.
"Stink" è anche una delle migliori canzoni di tutto il disco, fatta anche di belli assoli e la voce scazzata di Aidan Moffat che a tratti mi ricorda Shawn MacGowan dei Pogues.
Bello anche il singolo che ha preceduto l'album, "Dream Sequence", una ballata che vince per distacco sulle ultime fatiche dei Turin Brakes.

E poi quanti strumenti questa volta, archi e fiati sparsi qua e là, la batteria vera (non sequencer) tutti molto ben intrecciati tra loro come una robusta corda navale.
Un disco piacevole, un focolare domestico cui avvicinare con rispetto i piedi inzuppati di pioggia in queste grigie giornate di novembre.

Autunnale.

Nice pics


Young Gods, XX Years

Nice Pics


More XXY

martedì, novembre 01, 2005

The Young Gods, XX Years 1985 - 2005



Da vent'anni gli Young Gods vivono in un universo parallelo e lo celebrano con una riuscita compilation di brani che ripercorrono in ordine sparso la loro storia.
Si formano in un paese non allineato, la Svizzera nel 1985, da un'idea di Franz Treichler (vocalist) che riunisce Cesare Pizzi (samplers) e Frank Bagnoud (batteria). Il suono dei campionatori che sovrappongo infinite tracce è reso ruvido e immediato dalla batteria (reale, non digitale) e dalla voce ruggente di Franz, che canta prevalentemente in francese ma anche in inglese e tedesco.

Il primo album omonimo (1987) raccoglie un successo insperato tanto che il Melody Maker lo elegge album dell'anno. In effetti nulla di ciò che c'era in giro in quegli anni suonava così innovativo e diverso come gli giovani dei svizzeri. Una sorta di rivoluzione sonica, sigillata dal successivo L'Eau Rouge, uscito nel 1989. Le sonorità spaziano incredibilmente dall'Heavy Metal alla musica classica, come mai nessuno seppe osare prima.
I testi un pò naif parlano di sole, luna, stelle, oceano, lungo cammino, del eterno rapporto dell'uomo con la natura ed i suoi colori.

Dopo l'esperimento di suonare Kurt Weill del 1991 (alcuni brani si possono gustare su questa raccolta) i YG perdono sia Pizzi che Bagnoud cui subentreranno Al Comet e Use Hiestand. Questo cambiamento coinciderà con la rinascita del gruppo e la definitiva consacrazione tramite TV Sky, album cantato in inglese, venduto massicciamente nel Regno Unito e in America.
Un disco germinale, trovato negli scaffali di Bobby Gillespie dei Primal Scream e di The Edge degli U2. Il suono ora è industriale, un pò urbano (Our House), motorizzato (Gasoline Man), danzante (Night Dance). Moltissime saranno le band che in maniera malcelata si rifaranno ai loro dettami sonori (Nine Inch Nails, Pop Will Eat Itself, U2, Curve, in Italia i Technogod di Bologna).

Il loro viaggio, dopo tour mondiali infiniti e dischi dal vivo ben riusciti, ritorna tra gli astri ad ammirare le rivoluzioni lunari con Only Heaven del 1995. Un disco che è un misto tra l'intimista (bellissima "Donnez les Espirit") ed il suono postindustriale (Kissing The Sun), strizzando l'occhiolino all'ambient che impazza in Europa in quegli anni.
Use Hiestand lascia la band prima di registrare Second Nature, nel 2000. Al suo posto Bernard Trontin. Il dubbio viene, Use era implacabile alla batteria anche dal vivo, ci si chiedeva come facesse a non perdere mai dei colpi.
Second Nature comunque segue le orme di Only Heaven, quel misto ambient, industrial, techno che piaceva.
Poi l’esperimento Music For Artifical Clouds, un disco per fare da sottofondo ad una mostra di arte contemporanea o ai vostri pomeriggi di meditazione.

Tutta la storia dei Young Gods è riassunta in questa compilation, che si apre con un bel inedito, “Secret”, dal gusto antico ma attualissimo.
La scaletta di brani non è cronologica ma semplicemente logica. E’ armonica e fenomenale, mai in un “The Best Of…” ho trovato tanta lucidità nella scelta della sequenza dei brani.
Si parte con una serie di brani da Hit Single, poi c’è tutta la fase torbida degli inizi, poi quella riflessiva che parte da “Our House” di Tv Sky e finisce con la superlativa “Donnez Les Esprit”, per chiudersi con la scherzosa “Alabama Song” da YG Play Kurt Weill.

Il secondo CD è un disco di remix ed inediti tra cui spicca la cover di Serge Gainsbourg che Franz Treichler aveva inserito in un suo album solista.

Questo disco è bello come un viaggio a ritroso nei ricordi, sfogliando gli album delle vacanze ed assaporandone le sfumature lontane nella nostra memoria. Si sentono suoni dimenticati. Anche se altri gruppi che si erano rifatti al trio elvetico ce li avevano ricordati.
Ha il sapore della terra, del sole, del cielo, dell’oceano. Così, come cantava quel tale che veniva da quel mondo parallelo, fatto di orologi, banche e … luoghi comuni.

Intenso.