ASCOLTI ESTIVI 2007
Scarichi dall’ingombro della trasmissione radio/podcast riprendiamo il nostro cammino espressivo abituale, ossia attraverso la lettura personale e discutibile della musica contemporanea.
La pagina odierna è dedicata ad alcuni consigli per la vostra musica estiva. Quei brani che ascolterete sotto l’ombrellone, girando la fatidica rotellina alla ricerca del brano perduto.
Noi vi abbiamo anticipato alcuni scenari possibili, prendendo spunto dalla recenti (e non) uscite discografiche.
L’ordine in cui ve le proponiamo e assolutamente e volutamente sparso.
Cominciamo.
Noi vi abbiamo anticipato alcuni scenari possibili, prendendo spunto dalla recenti (e non) uscite discografiche.
L’ordine in cui ve le proponiamo e assolutamente e volutamente sparso.
Cominciamo.
(Perry Farrell's) Satellite Party – Ultra Payloaded
Perry Bernstein, il “periferico”, cambia colore ancora una volta come il migliore camaleonte. Sbarazzatosi dell’insostenibile Navarro tutto "figa e pedali per effetti speciali", comincia una nuova avventura. Meglio dei precedenti Porno For Pyros, questi Satellite Party trasmettono la voglia di divertirsi della west coast californiana. Non c’è nulla di meglio per un party a notte fonda sulle spiagge di Santa Monica, specie se invitati alla festa sono anche Flea e John Frusciante dei RHCP che fanno “sbracare” in "Hard Life Easy". “Revolution Solution” dei Thievery Corporation, che vedeva Perry Farrell come guest vocalist, è qui ripresa magistralmente (The Solutionist). Scottante.
Shellac – Excellent Italian Greyhound
Avete mai mangiato la pastiera napoletana destrutturata? Quella torta tipica campana che viene sminuzzata e ricomposta con il gelato alla vaniglia??
Ecco, questo è quello che si prova sotto al palato ascoltando l’ultima fatica di Steve Albini. Il gusto è sempre lo stesso, quelle delle rock song scarne e glabre come solo lui sa fare, la cui struttura viene demolita e ricomposta sotto un’altra forma.
Batteria e chitarra vanno su dei binari paralleli che, magicamente, si incontrano di tanto in tanto ma, ahinoi, non si salutano…
Scomposto.
Blonde Redhead – 23
Ha già qualche mese ma è ancora lì, in cima alle preferenze anche per l’estate più torrida degli ultimi 652 anni. Two Three (si dice così) è un disco sognante, stralunato ed incantevole.
E’ come bere un bicchiere di troppo (solo uno); si prova quell’ebbrezza positiva che ti porta allegramente alla fine della serata con un buon gusto in bocca. A tratti shoegazer a volte "frenato a Torino" (Turin Brakes) un disco indimenticabile. Il mix italo-giapponese basato a New York regala ancora emozioni.
Sognabile
The Young Gods – Super Ready Fragmente
Ricordate i giovani dèi, quelli della Confederazione Helvetica? Franz Treichler e soci?
Frettolosamente archiviati dopo il “ze besz of…” (dai, gli svizzeri lo pronunceranno così) eccoli che riappaiono con un album in studio il cui titolo esprime esattamente la metodologia utilizzata per inciderlo: frammenti di musica pronti da utilizzare per intessere le trame di un nuovo, eccellente vestito di fattura sopraffina.
I gorgheggi di Treichler indistintamente francesi o inglesi, riecheggeranno nelle vostre orecchie ben dopo lo spegnimento del dispositivo di riproduzione musicale che utilizzate.
Deframmentabile
Dinosaur Jr. – Beyond
Quella voce sbiascicata di J Macis era il pugno allo stomaco che mancava alla musica contemporanea. La sua chitarra altrettanto stridula non la ricordavamo più.
Sarebbe il disco dell’anno, se si trattasse del 1995.
Un disco sbagliato nel senso cronologico del termine: è uscito proprio 12 anni dopo!
Ma attenzione, ciò non deve essere visto nella sua accezione negativa. Non si tratta di revival o stronzate del genere. Il disco è vero e genuino.
A me J Macis piace immaginarlo mentre si trova a Vail, Colorado, a sciare come un pazzo con i suoi K2 extreme carver, intento ad intagliare le montagne, canticchiando con la sua voce stridula: “Now What Else Is New?”.
Già, cos’altro?
Rinnovabile.
The White Stripes – Icky Thump
Il titolo è una storpiatura di un detto scozzese. Per i cultori delle righe bianche lo stesso disco è una storpiatura.
Eppure non ricordo pubblicazioni che tanto abbiano diviso la critica come questo: o piace o fa schifo.
A me piace, specialmente nel modo in cui mi ha sorpreso mentre mi aspettavo la prossima "pooo-po-po-po-po-po-pooooo".
Che siano fratelli, marito e moglie, cugini ormai poco importa. Meg e Jack ed il loro minimalismo sono diventati un episodio fondamentale nella musica di tutti i giorni, e meritano di venire con noi sotto l’ombrellone.
A metà tra le cornamuse ed i mariachi, gli Stripes fanno ancora centro. Salutando con la manina le miriadi di detrattori pronti ad descriverne il declino.
Ombreggiabile.
The Chemical Brothers – We Are The Night
Oddio. Che succede?
Eppure il titolo era in assoluta sintonia con la spacconaggine tipica delle pop-star britanniche che pretendono di essere idolatrate.
Noi siamo la notte oppure notte fonda per noi?
Malgrado le interessanti guest (Midlake, Klaxons, Willy Mason) i fratelli chimici sembrano davvero avere esaurito la vena (dorata) che li ha imposto di giorno e di notte.
Una strana forma di dadaismo elettronico che però manca di personalità. Cocediamogli solo il beneficio di un ascolto pi approfondito.
Nottambulo.
Manic Street Preachers – Send Away The Tigers
Da “Generation Terrorists” a “This Is Our Throut Tell Me Yours”. Da “The Holy Bibble” a “Everything Must Go”. E’ come essere su un traghetto che ti porta da una sponda all’altra della storia della band gallese. Se come musa si aggiunge Nina Persson dei Cardigans la miscela sembra funzionare a dovere.
Eppure il disco ha quella malinconia e solitudine che si prova sotto la luce dei neon colorati dei locali notturni (Under Neon Loneliness). Si avverte un enorme senso di vuoto e di solitudine, come se mancasse qualcosa o qualcuno. Come se colui avesse lasciato la sua Vauxhall vicino ad un ponte prima di sparire per sempre, senza essere ripreso dalla CCTV….
Solitario.
Queens Of The Stone Age – Era Vulgaris
La Desert Session che non ti aspetti arriva nell’era della volgarità sancita dal solipsistico Josh Homme.
Non male nemmeno questo dischello anche se Rated R e Songs For The Deaf restano inarrivabili.
Alla fine ti sorprendi a canticchiare il ritornello di “Into The Hollow” e non te ne vergogni nemmeno tanto.
E mi ritorna in mente quello strano motivetto di quel tizio che diceva: It’s only rock and roll but i like it.
E finchè il ragazzo robusto dai capelli rossi si diverte a farlo, lasciamo che si goda questo momento.
Desertico.
Apparat – Walls
Dall’E-Werk all’Europa, dal Tresor al resto del mondo ed infine dal Bunker alla nostra tavola.
Quanta strada ha fatto questo compositore berlinese!
E’ il disco più piacevole dell’anno. Ogni traccia è talmente intrisa di suoni che ci ritroviamo a sognare la porta di Brandemburgo anche in Corso Buenos Aires o sulla Cristoforo Colombo.
Un numero abnorme di strumenti ed orchestrazioni (si dirà così) ci avvolge e stritola prima che ce se ne possa rendere conto. La stessa voce, presente in alcuni brani, è trattata alla stregua di uno strumento qualsiasi e quindi inserita in un’armonia impossibile da attaccare.
Incantevole.
Menzione speciale: il disco da lasciare a casa.
Tom Waits – Orphans
E’ del tardo 2006 questo triplo disco dell’immenso talento musicale americano, ma l’ho scoperto solo ora.
Provo un enorme rispetto per lui, per la sua opera e la sua poesia.
Però trovo che 56 brani pari a 3,1 ore non si addicano all’estate, stagione di per se leggera e passeggera, come quegli amori che si consumano tra una apertura e chiusura di ombrellone.
Il suo posto è invece vicino al caminetto dopo un bel piatto di pizzoccheri e polenta taragna, oltre ad un calice di Sfurzat.
Il buon Tommaso Attese deve aspettare il ritorno dell’inverno per conoscere migliore gloria.
D'altronde qualcosa dovevamo pur lasciare a casa ed io, egoista, ho scelto lui.
Lasciabile.