""Even a stopped clock tells the right time twice a day!"

venerdì, febbraio 01, 2008

Film: Into The Wild, regia Sean Penn

E’ proprio vero che per vivere bisogna prima un pò morire, che per essere felici sia necessario essere prima un pò tristi.

I grandi contrasti che regolano la nostra esistenza sono splendidamente raffigurati in questa pellicola dell’ex Enfant Prodige di Hollywood, Sean Penn, alla quarta prova come regista.

In tanti anni di carriera Penn si cimenta come regista solamente di rado e quando lo fa lascia il segno.

Si tratta della rappresentazione cinematografica di un romanzo già Best Seller di Jon Krakauer, "Into The Wild" che racconta la storia (realmente accaduta) di Christopher McCandless che, fresco di college e con rosee prospettive per la sua vita futura, decide d’intraprendere un viaggio alla ricerca dell’avventura. Per fare questo si disferà di tutte le cose materiali quali i suoi risparmi (devoluti in beneficenza), la sua tessera di assicurazione sanitaria ed i documenti. Non risparmia nemmeno la sua identità, tanto che si ribattezzerà Alex Supertramp.

I suoi compagni di viaggio saranno solo pochi indumenti e dei libri di Jack London, Tolstoy e Thoreau.

La banale consecutio temporum di un road movie è stata sconvolta abilmente da Sean Penn riportando avanti e indietro nel tempo il racconto mostrando in pratica il capitolo finale a tratti e come il protagonista vi sia arrivato, attraverso mille peripezie ed incontri incredibili.

I paesaggi sterminati della Wilderness americana vengono inquadrati con un taglio quasi da Homevideo il che dona alla pellicola una spontaneità estremamente originale. Il tutto tenuto insieme dalla penetrante voce di Eddie Vedder, leader dei Pearl Jam alla prima esperienza da solista, che traghetta i paragrafi del film quasi come se la colonna sonora fosse parte integrante della fotografia e non più un banale sottofondo.

Alex arriverà in Alaska attraverso la grande campagna americana, il Grand Canyon, il Messico, la West Coast e Seattle. Lascerà la sua famiglia che già si reggeva su fragili equilibri instaurati da un padre padrone ma con un passato di inventore ingombrante, interpretato da un vistosamente invecchiato William Hurt.


Ma il viaggio più difficile è quello nel profondo della propria anima, alla scoperta delle sensazioni più pure e genuine, quello che davvero lascia senza fiato in questo film. La convinzione che se si perdona si ama e che la felicità sia tale solo se condivisa maturano nell’anima di Chris, che per tutto ciò paga un pedaggio sovrumano.

Il finale dovete proprio andarvelo a vedere al cinema, dopo 148 minuti di proiezione che vi scivoleranno addosso come un telefilm o poco più.

In fin dei conti chi non ha mai pensato di fare come Alex Supertramp? Chi non ha mai pensato di perdersi nel mondo per ritrovare se stesso?

E’ davvero incredibile come il film non sia stato minimamente considerato dall’industria cinematografica americana per gli Oscar, perché Emile Hirsch come interprete e Sean Penn come regista meritavano la statuetta.

Ma questo si sa. È il prezzo da pagare nel fare film di questo tipo.